Nei giorni successivi all’arresto di Diddy, i retroscena emersi sui festini del rapper hanno svelato particolari inquietanti. Nel mentre, riemergono video e canzoni del passato che avevano “avvertito” delle sue attività
Il New York Times l’ha già difinito il #MeToo dell’industria musicale. Nessuno pensava che l’arresto di Sean “Diddy” Combs, in precedenza conosciuto nel mondo della musica come Puff Daddy, avrebbe aperto un vero e proprio vaso di Pandora.
Alle accuse già note di abusi e violenze – che avevano portato a un primo processo nel 2016 finito in un patteggiamento a favore dell’ex fidanzata Cassie Ventura –, emergono ora i precedenti per ulteriori accuse di favoreggiamento alla prostituzione e traffico sessuale. Le vicende coinvolgono molti grandi nomi della musica, tra cui anche Jennifer Lopez e Justin Bieber, seppur in modi diversi.
Puff Daddy, le accuse contro il rapper
Le accuse nei confronti di Puff Daddy, oggi Diddy, erano note già da mesi, da quando lo scorso marzo la polizia di Los Angeles aveva fatto irruzione nella sua villa arrestando alcuni collaboratori del rapper e acquisendo del materiale video e audio trovato all’interno dell’abitazione, oltre a circa 1000 bottiglie di olio per bambini e lubrificanti.
Si arriva allo scorso 16 settembre, quando Puff Daddy viene arrestato nella sua casa di Manhattan. Il giorno dopo, la corte federale di Manhattan de-secreta le accuse contro il rapper: associazione a delinquere, traffico sessuale e favoreggiamento della prostituzione, sostenendo che l’uomo ha “abusato, minacciato e costretto donne e altre persone intorno a lui a soddisfare i desideri sessuali, proteggere la sua reputazione e nascondere la sua condotta”.
Diddy si trova attualmente in carcere in attesa del processo: se dovessero essere confermati tutti i capi di imputazione, si profila per il rapper una pena minima di 15 anni fino all’ergastolo.
Come nel caso di Harvey Weinstein – da qui il titolo del New York Times – la denuncia di Cassie Ventura nel 2016 ha spinto altre vittime di Diddy a farsi avanti, permettendo alla polizia di raccogliere testimonianze e dare il via a un processo contro di lui.
Cosa succedeva ai White Parties di Puff Daddy
Le accuse di traffico sessuale e favoreggiamento della prostituzione si ricollegano ai famosi White Parties organizzati dal rapper di Harlem. L’arresto dell’artista, che in trent’anni di carriera è diventato uno dei magnati dell’industria discografica americana, ha dato il via a una serie di testimonianze immagini e video che nei giorni successivi sono state condivise sui social.
Rivisti oggi, davanti all’evidenza delle nuove accuse, assumono tutto un altro significato e si rendono indicativi di alcuni suoi comportamenti in pubblico. In particolare, a colpire di più sono i video riemersi e diffusi dal Daily Mail dei White Parties. Si tratta di festini organizzati da Puff Daddy che tra il 1998 e il 2009 hanno visto la partecipazione di centinaia di nomi della musica – il nome deriva dal dresscode richiesto, in total white.
Questi eventi, assolutamente esclusivi, hanno attirato celebrità di fama mondiale come Paris Hilton, Ashton Kutcher, Leonardo Di Caprio, Justin Bieber, Khloe Kardashian e Jennifer Lopez, che è stata fidanzata con Diddy dal 1999 al 2001.
Sui White Parties è emersa la testimonianza di Tom Swoope, ex insider dell’industria musicale, che ha condiviso la sua esperienza attraverso il suo canale YouTube. Nel suo racconto, rivela che non tutti erano a conoscenza di ciò che accadeva nei festini, in quanto agli ospiti delle feste venivano concessi diversi livelli di accesso all’interno della residenza.
Le feste, come riporta il Daily Mail, sarebbero durante anche diversi giorni e le sex workers presenti sarebbero state costrette a rimanere sveglie per intrattenere gli ospiti, idratate solo tramite soluzioni fisiologiche iniettate via flebo.
Cos’è successo tra Puff Daddy e Justin Bieber
L’arresto di Puff Daddy sta facendo tremare il mondo della musica americana, tanto da essere uno degli argomenti più discussi e seguiti dall’opinione pubblica negli States, secondo solo alle elezioni di novembre.
Il motivo è il rapporto del rapper con importanti nomi dell’industria – come Jay-Z, Beyoncé e Usher solo per fare qualche esempio – che negli anni hanno collaborato e intrattenuto affari con lui.
In particolare, l’attenzione si è spostata sul rapporto tra Diddy e Justin Bieber, di cui il rapper è stato un mentore a partire dal 2013. Sono riemersi online, infatti, dei video che ritraggono i due insieme in svariati momenti, come nel caso di una festa organizzata per i 16 anni del giovane cantante a cui Puff Daddy promette di regalare una Lamborghini e un po’ di “divertimento” con alcune ragazze.
Di fatto, da ciò che emerge con il passare dei giorni, le accuse contro Puff Daddy disegnano un sistema di abusi simile a quello di Jeffrey Epstein, facendo calare i sospetti anche sulle persone che gravitavano attorno a lui.
È sorto quindi il sospetto implicito che Justin Bieber possa essere stato coinvolto, forse persino come vittima, in questo presunto traffico di esseri umani a scopi sessuali.
Le notizie diramate di ora in ora fanno nascere continuamente nuove ipotesi su chi fosse effettivamente a conoscenza delle attività di Puff Daddy. I sospetti, per l’appunto, sono ricaduti anche sui colleghi del mondo della musica con cui ha intrattenuto rapporti – da Jay-Z a Jennifer Lopez e Leonardo Di Caprio – ma al momento si tratta solo di supposizioni.
Tutte le ipotesi circolate online sulla base delle accuse a Diddy – a cui si aggiunge, ad esempio, la presunta esistenza di prove video che incastrerebbero tanto il rapper quanto i partecipanti ai festini – non sono ancora state confermate né provate dalle indagini in corso e perciò se ne può parlare solo al condizionale. Tuttavia, le persone che hanno partecipato ai White Parties potrebbero essere chiamate a testimoniare durante il processo.
Eminem, il velato riferimento a Diddy in “Fuel”
Puff Daddy, i rapper che ne hanno parlato
Le accuse contro Puff Daddy hanno dato vita a una conversazione molto più ampia, mentre alcuni utenti hanno individuato alcune canzoni e dichiarazioni passate di altri rapper che in qualche modo oggi suonano come un avvertimento nei confronti di Diddy.
Ad esempio, la modella Emily Ratajkowski è stata protagonista di un video diventato virale, postato su TikTok, in cui parla della necessità di riconoscere anche gli uomini vittime di violenze sessuali e abusi – riferendosi a Justin Bieber come possibile vittima del rapper.
A diventare virale è anche una canzone dell’ultimo album di Eminem, The Death of Slim Shady, che si intitola Fuel. Nel testo, Eminem sembra fare un riferimento nemmeno troppo velato alla fama di Puff Daddy come perpetratore di violenze e abusi. Si legge infatti:
I’m like a R-A-P-E-R (yeah)
Got so many S-As (S-As), S-As (huh)
Wait, he didn’t just spell the word, “Rapper” and leave out a P, did he? (Yep)
R.I.P., rest in peace, Biggie
And Pac, both of y’all should be living (yep)
But I ain’t tryna beef with him (nope)
I primi tre versi sono i più significativi. La parola “raper” di cui viene fatto lo spelling significa “stupratore” e, come dice Eminem, ha solo una “p” in meno della parola “rapper”. Eminem gioca poi sull’assonanza di “did he” – che in inglese viene usato per rafforzare un concetto a mo’ di “l’ha fatto davvero?” – e il nome Diddy. Pronunciando velocemente “did he”, infatti, sembra che Eminem stia dicendo proprio il suo nome.
Gli ultimi tre versi, invece, potrebbero fare riferimento a un’altra accusa rivolta a Puff Daddy. Alune indiscrezioni, infatti, vedono il rapper coinvolto nella morte di Tupac e Biggie. Anche qui, non ci sono al momento prove concrete che Diddy abbia avuto a che fare con le morti, di cui ancora oggi non si conosce tutta la verità, dei due grandi rapper.
Infine, anche Kanye West è stato tirato in mezzo alla vicenda. Oltre a comparire tra i nomi dei partecipanti ai White Parties con l’ex moglie Kim Kardashian, è stato condiviso sui social un video risalente a diversi anni fa in cui è ospite del programma rap Drink Champs.
Parlando di Diddy – che lo aveva recentemente attaccato –, Kanye lo definisce un “fed”, un termine usato nello slang americano per gli agenti federali e membri del FBI, ipotizzando quindi una sua collaborazione con le istituzioni per non essere arrestato:
“Il motivo per cui devi parlare è perché hai fatto un patto, f*****o federale! Ecco perché devi venire da me, perché parte del patto per farti fare tutto questo e non andare in prigione è che hai promesso che mi avresti fregato.”
Nel frattempo, le testimonianze di donne e vittime contro Puff Daddy continuano ad aumentare, spinte a farsi forza e denunciare dal suo arresto. Come ripetuto sopra, gli atti di accusa divulgati dalla corte federale di Manhattan e le ipotesi che sono seguite rimangono al condizionale fino al processo contro il rapper, la cui data non è ancora stata fissata.
Fonte: deejay.it